sabato 7 settembre 2013

A SPASSO NELLA STORIA - CHIESA DI SANTA ROSA, VITERBO

CHIESA DI SANTA ROSA










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Viterbo Città d'Arte - Chiesa di Santa Rosa
INTERNO
In fondo alla navata destra, sulla contrafacciata, una lapide posta nel 1933 dal vescovo di Viterbo Emidio Trenta ricorda i lavori di consolidamento della chiesa. La bussola della porta laterale destra proviene dall’antica chiesetta del 1632.
Il Crocifisso ligneo sul primo altare risale al XVII sec.: la testa del Cristo, reclinata in avanti, è circondata da una raggiera di legno dorato.
La stele che segue segnala la tomba di don Alceste Grandori (1880-1974), acclamato come uno dei più ferventi devoti di santa Rosa e padre carismatico della chiesa viterbese. "Amò di soprannaturale più generazioni di viterbesi educandoli alla pratica delle verità della fede. Maestro incomparabile e indimenticato. La chiesa viterbese riconoscente 9 marzo 1978".
Di fronte, sul retro del pilone, una lapide del terz’Ordine Francescano ricorda il settimo centenario della morte di S. Rosa (2 settembre 1952).
L’urna di bronzo dorato (ai lati due angeli in preghiera), che ammiriamo nella cappella della Santa, è del 1699 e sostituisce due precedenti in legno, una delle quali è custodita nell’adiacente casa di Santa Rosa (1). I tondi delle pareti intorno all’urna, di autore ignoto, rappresentano scene della vita e dei miracoli della santa. Il corpo, annerito dai secoli e dall’incendio del 1357, è miracolosamente intatto e ricoperto da una tonaca di seta che viene periodicamente sostituita dalle Clarisse dell’adiacente convento. L’ultima vestizione, in ordine di tempo, risale al 13 febbraio 1990; con l’abito dimesso vengono confezionate reliquie per i fedeli.
Ai piedi degli scalini si fa apprezzare una pregevole statua marmorea della Santa, opera dello scultore siciliano Francesco Messina (1940).
La lapide che segue, sempre lungo la parete destra, è posta sulla tomba del conte Mario Fani, fondatore della Gioventù Italiana di Azione Cattolica (1845-1869). Pio XII dirà "…nel lontano 1868, in una notte di preghiera nella chiesa di Santa Rosa a Viterbo spuntò dal cuore di Mario Fani il primo fra i rami che oggi potrebbero chiamarsi la prima radice del robusto tronco dell’Aziona Cattolica Unitaria…". Della stessa Azione Cattolica è la lapide, nel retro del pilone a fronte, che ricorda il 75°anno di fondazione (1943).
Sull’ultimo altare di destra, una tela di Publio Muratore, che sostituisce una precedente ottocentesca del Dilani (andata distrutta), rappresenta Un paggio porge a Santa Rosa un mazzo di fiori. In ginocchio, il Vescovo di Viterbo Luigi Boccadoro; in piedi, San Francesco e Santa Chiara. Sullo sfondo, la loggia del palazzo dei Papi.
In testa alla navata, in alto, una lapide ricorda la consacrazione della chiesa da parte del card. Gaspare Pianetti (25 agosto 1850). In basso, altre due: la prima (8 settembre 1921) porta la firma della Società della Gioventù Cattolica Italiana in riconoscenza dei fondatori, tra cui Mario Fani; la seconda, del febbraio 1893, reca un’analoga riconoscenza a Mario Fani.
La tela del presbiterio (2), circoscritta da una cornice in legno dorato, con Santa Rosa circondata da angeli che l’accompagnano in cielo su un paesaggio di Viterboè di Francesco Podesti di Ancona (1812-1855) e sostituisce una precedente del Romanelli (XVII sec.) andata distrutta.
L’altare maggiore, di marmo policromo, è un dono del 1937 del Consiglio Superiore dell’Azione Cattolica Femminile, come testimonia la lapide incastonata nel lato destro: "A Santa Rosa da Viterbo – inclita Vergine della serafica milizia – dilettissima Patrona – della Gioventù Femminile di Azione Cattolica il Consiglio Superiore di G.F. – consacra nel marmo la riconoscenza imperitura – esprime nell’altare la preghiera fiduciosa – implora per la sua celeste intercessione – ardore di carità e zelo di opere – per la salvezza delle anime – per la gloria di Dio. Milano 4 settembre 1937".
Il contraltare, sistemato dopo la riforma liturgica, è simile al primo.
La parete di testa dell’abside sinistra accoglie quattro lapidi. In alto si ricorda che il card. Pianetti riuscì a ricostruire la chiesa in cinque anni, vincendo tutte le difficoltà suscitate dai tempi calamitosi attraversati allora dallo Stato Pontificio. In basso, gli omaggi sono sulle tombe di Margherita Ciofi (1868), Anna Signorelli (1870) e Adelaide Bianchi (1866).
La tela, sul terzo altare di sinistra, è attribuita a Vincenzo Pontani e raffigura laMorte di San Giuseppe.
Nel retro del pilone di fronte, è la tomba di Giuseppe Signorelli, Presidente Ispettore al Catasto Pontificio (1865): "…amò di schietto amore la Chiesa".
Accanto, è venerata la statua lignea (proveniente da Ortisei) della Madonna di Loreto protettrice degli Aviatori, dono dell’Associazione dell’Arma Aeronautica.
Seguendo la parete, si legge il ricordo del Vescovo di Viterbo Adelchi Albanesi (1883-1970), quivi sepolto, raffigurato nel medaglione in bronzo di Francesco Nagni che precede il bellissimo polittico firmato (sul listello ai piedi dello scomparto) del maestro viterbese Francesco d’Antonio Zacchi detto Il Balletta (XV secolo). L’opera, datata 1441, raffigura la Madonna in trono col Bambino tra S. Rosa e S. Caterina d’Alessandria; nelle cuspidi, l’Annunciazione e la Madonna della Misericordia; nei pilastri laterali: S. Giovanni Battista, S. Antonio Abate, S. Margherita, S. Maria Maddalena, S. Ludovico da Tolosa e S. Chiara; nella predella:Cristo in pietà tra la Madonna e S. Giovanni Evangelista e, ai lati, S. Paolo, S. Lorenzo, S. Lucia, S. Biagio, S. Francesco e S. Bartolomeo (3).
Alla base del polittico, una lapide ricorda i caduti in guerra (1940-1945).
La tela sull’altare che segue (raffinato il paliotto in marmo policromo) è del pittore tedesco Michele Wittmer e raffigura la Madonna col Bambino tra San Francesco di Sales, Santa Giovanna Francesca Fremito de Chantal, San Bonaventura, Sant’Antonio da Padova e San Stanislao Kostka.
Nella cantoria sopra la bussola è collocato un organo a trasmissione meccanica (Tamburini, Crema, 1968).
La bussola è un dono dei Legionari Viterbesi reduci dall’Africa Orientale (1937).
Il pavimento in marmo policromo è opera della ditta Anselmi di Viterbo.
L’interno della cupola, affrescata in parte da Giuseppe Cellini, presenta i quattro Evangelisti, nelle vele; nel catino Il Beato Crispino, San Francesco, Santa Giacinta e San Giacomo e, nella calotta, l’Agnello mistico tra Angeli.
La "Via Crucis", in rame sbalzato, è opera dello scultore viterbese Roberto Ioppolo.

LA STORIA
La costruzione risale alla metà del secolo scorso (1850) per iniziativa del card. Gaspare Bernardo Pianetti, vescovo di Viterbo, che fece riedificare la chiesa, sulle strutture di quella preesistente, a somiglianza della cinquecentesca Santa Maria delle Fortezze (oggi in gran parte distrutta), senza però ottenere apprezzabili risultati sul piano architettonico.
Gran parte dei finanziamenti venne reperita dalle Clarisse del convento, impegnate ad ingrandire ed ammodernare il vecchio complesso del 1632.
L’attuale edificio, pur di modesto interesse artistico, riveste, tuttavia, un grande valore per i Viterbesi in quanto è legato alla figura della patrona della città, venerata non solo nella Tuscia, ma in molte altre parti del mondo.
La cupola, che sormonta la chiesa (realizzata nel 1917, su progetto dell’architetto Arnaldo Foschini) stenta ad armonizzarsi con le pretese rinascimentali della facciata in peperino, solenne ed austera, divisa da piatte lesene a capitello ionico su cui grava un grande timpano.
In origine al suo posto sorgevano la chiesetta e il monastero (dedicato a Santa Maria) delle Povere Sorelle di San Damiano di Assisi, di cui si ha notizia già nel 1235. Circa la metà del secolo XIV il complesso cominciava già a chiamarsi di S. Rosa. Nel 1258 il pontefice Alessandro IV vi fece "trasportare" il corpo della Santa, che da sette anni giaceva nella nuda terra presso la vicina chiesa di Santa Maria in Poggio.
Storia e credenze popolari si fondono per informarci su un episodio miracoloso che avrebbe poi generato il culto della Santa e della "Macchina di Santa Rosa" assurta oggi a spettacolare avvenimento di folclore religioso (3 settembre di ogni anno). Rosa morì, secondo la tradizione il 6 marzo 1251 e venne sepolta, come detto, presso la chiesa di Santa Maria del Poggio, accanto alla sua modesta abitazione. Da viva avrebbe chiesto più volte di entrare nel convento delle monache di San Damiano, ricevendo però sempre il severo diniego della badessa. Nell’eterno contrasto tra cattolici ed eretici, che distinse buona parte del Medioevo, Rosa era considerata da molti una ribelle all’imperatore e ai nemici della Chiesa e pertanto occorreva prudenza. "So bene che non è questa la causa – avrebbe detto la giovinetta -. Ma perché disprezzate in me ciò che Dio apprezza? Ciò che è stoltezza nel mondo è sapienza agli occhi di Dio e ciò che voi disprezzate da viva sarete contenta di avere come morta, ed infatti l’avrete".
A pochi anni dalla sua scomparsa comparve più volte in sogno al papa Alessandro IV, che in quel tempo risiedeva in città, ammonendolo di trasferire il suo corpo a Santa Maria presso le Monache di San Damiano.
Il pontefice seguì il sogno premonitore e ordinò la traslazione che, secondo la tradizione, avvenne, con un corteo di quattro cardinali e fedeli il 4 settembre 1258.
Il trasporto della "Macchina di Santa Rosa", del 3 settembre, ricorda, per l’appunto, questo storico evento.
La chiesa, ricostruita dopo l’incendio del 1357, venne affrescata intorno alla metà del Quattrocento, dopo un ulteriore ampliamento, da Benozzo Gozzoli con scene della vita della Santa. Le pregevoli opere andarono distrutte in conseguenza ad ulteriore lavori di rifacimento nella prima metà del XVII sec. Restano nove copie (disegni acquerellati), di mediocre fattura, del pittore orvietano Francesco Sabatini (1632) custoditi nel Museo Civico di Viterbo. Gli episodi del Gozzoli, che non vedremo mai, rappresentavano: la resurrezione della parente morta; l’apparizione del Crocifisso e la predicazione di Rosa; l’esilio da parte del Vicario di Federico II; l’annuncio della morte di Federico II da parte dell’Angelo e la comunicazione che Rosa ne dà al popolo di Soriano; il miracolo della cieca; la prova del fuoco; il rifiuto dal Convento e la morte di Rosa; l’apparizione al papa e il ritrovamento della salma.
Due disegni autografi del Gozzoli (probabilmente non trasferiti in affresco) sono conservati al British Museum di Londra e al Gabinetto delle Stampe di Dresda.

Chiesa di Santa, Santa Rosa church: Traduzione di Veronika Melnick, Seattle University, Danielle Maddock, University of Nevada, Reno, Alicia Bertram University of New Mexico, Albuquerque. Programma USAC presso Università degli Studi della Tuscia. The building, dates back to the middle of the nineteenth century (1850). It was initiated by the cardinal, Gaspare Bernando Pianetti, the bishop of Viterbo, who rebuilt the church, on top of the pre-existing structure, in resemblance to the sixteenth century Santa Maria of Fortezze (today it is mostly destroyed), but without obtaining significant results in terms of architecture.
INTERNO. Interior
On the end of the right aisle, on the counter, is a plaque posted in 1933 by the Bishop of Viterbo, Emidio Trenata, recording the work of consolidation of the church. The inner door on the right side comes from the old church of 1632. The wooden crucifix on the first alter dates back to the seventeenth century: the head of Christ, bent forward, is surrounded by a ring of gilded wood. The following stele indicates the tomb of Don Alceste Grandori (1880-1974), acclaimed as one of the most fervent devotees of Santa Rosa of Viterbo and the charismatic father of the church of Viterbo. “He loved the supernatural very much and teaching many generations of Viterbo to practice the truths of faith. He was an incomparable and unforgettable teacher. The church of Viterbo is grateful. March 9, 1978.” On the back of the large column, a plaque of the Third Franciscan Order remembers the seventh centenary of the death of Santa Rosa (September 2, 1952). The golden bronze urn (on the sides two angels in prayer), that we can admire in the chapel of the Saint, is from 1699 and replaces two preceding wooden ones, one that is housed in the adjacent home of Santa Rosa (1). The scenes on the outside walls of the urn (artist unknown), represent miracles and events in the life of the Saint. The body is blackened from centuries and from the incident of 1357. It is miraculously intact and covered with a silk tunic that is periodically replaced the by the nuns in the adjacent convent. The last replacement, was on February 13, 1990. The old tunics become relics for the faithful. At the bottom of the steps, there is a fine marble statue in the memory of the Saint by the Sicilian sculptor, Francesco Messina (1940). The tombstone that follows, along the right wall, is the place on the grave of Count Mario Fani, the founder of the Gioventù Italiana di Azione Cattolica (1845-1869). Pio XII said “back in 1868, during one night of prayer at the chirch of Santa Rosa of Viterbo, Mario Fani sprang from the heart the first branches that today can be called the first root of the robust trunk of Aziona Cattolica Unitaria...” The tombstone was asked to be made by the same Azione Cattolic. On the back of the pylon, in the front of the tombstone, is a reminder of the 75th year of establishment (1943). On the last alter on the right, there is a painting by Publio Muratore that replaces a preceding 19th century painting by Dilani (it has been destroyed). It represents Santa Rosa holding a bouquet of flowers. On his knees, the bishop of Viterbo, Luigi Boccadoro and on foot, San Francesco and Santa Chiara. In the background is the Palace of the Popes (palazzo dei Papi). At the head of the nave, above, is a plaque that commemorates the consecration of the church by the cardinal, Gaspare Pianetti (August 25, 1850). At the bottom there are two more, the first bears the signatures of the Italian Catholic Youth Society in recognition of it founders (September 8, 1921), including Mario Fani. The second of February 1893, pays similar gratitude to Marco Fani. The canvas painting of the presbytery (2) has a gilded wooden frame. It depicts Santa Rosa surrounded by angels that accompany her in the sky over a landscape of Viterbo and Francesco Podesti of Ancona (1812-1855). This painting replaces a previous one by Romanelli (17th century) that is now destroyed. The great altar of polychrome marble was given by the Consiglio Superiore dell’Azione Cattolica Femminile (The Higher Council of Catholic Women) in 1937. The plaque on the ride side of it reads: “To Santa Rosa of Viterbo- illustrious Virgin of the saraphic army- beloved Patron of the Gioventù Femminile di Azione Cattolica- the Consiglio Superiore di G.F consecrates the marble with its undying graditude. In the alter a confident prayer is expressed, pleading for her celestial intercession, ardent charity, and zealous works and for the salvation of souls for the glory of God. Milan Septemer 1937 The counterpart, settled after the liturgical reform, is similar to the first. The front wall of the left apsis welcomes four tombstones.  At a sentence written at the top remember  that the Cardinal managed to reconstruct the church in five years, defeating all difficulties the Papal state was having provoked form at the time.  At the bottom the tribute to the tombs of Margherita Ciofi (1868), Anna Signorelli (1870) e Adelaide Bianchi (1866).   The cloth, on the third alter on the left, is attributed to Vincenzo Pontani and symbolizes the death of San Giuseppe.  In the back of the tower from the front, is a tomb of Giuseppe Signorelli, Presidente Ispettore al Catasto Pontificio  (1865) "… he loved sincerely the Chruch."   Nearby, is the adored wooden statue (coming from Ortisei) of the Madonna di Loreto protector of the Aviators, donated by the Association of the Army Aeronautics.  Following the walls, read the memory of Bishop of Viterbo Adelchi Albanesi (1883-1970), buried here,  representing the medallion in bronze of Francesco Nagni that precedes the very beautiful polyptych signed (on the plank at the feet of the pocket) from the master, from Viterbo,  Francesco d'Antonio Zacchi known as Il Balletta (15th Century).  The work, dated 1441, symbolizes the Madonna in throne with the Child between S. Rosa and S. Caterina d'Alessandria; at the point, Annunciation and the Madonna from Misericordia; in the side pillar: S. Giovanni Battista, S. Antonio Abate, S. Margherita, S. Maria Maddalena, S. Ludovico da Tolosa and S. Chiara; on the alter-step: Christ in pity between the Madonna and S. Giovanni Evangelista and at the side, S. Paolo, S. Lorenzo, S. Luca, S. Biagio, S. Francesco and S. Bartolomeo (3). At the base of the polyptych, a tombstone to remember the fallen in war (1940-1945).   The cloth on the alter that follows (the frontal refined in colorful marble) is by the German  painter Michele Wittmer and depicts the Madonna with the Child between S. Francesco of Sales, S. Giovanna Francesca Fermito of Chantal, S. Bonaventura, S. Antonio from Padova and S. Stanislao Kostka.    In the choir on the inner door is placed an mechanical transmission organ.   The inner door is a gift from the Legionari Viterbesi veterans from East Africa (1937).  The floor in colored marble was made by the company Anselmi ins Viterbo.  The inside of the dome, fresco in part by Giuseppe Cellini, presents the four Evangelists, in the sails; in the basin the Beato Crispino, S. Francesco, S. Giacinta and S. Giacomo and in the crown, the spiritual Lamb between Angels.      The "Via Crucis" decorated in copper, was made by the sculptor Roberto Ioppolo, from Viterbo.
 LA STORIA, History
The construction goes up to the middle of the century last (1850) from initiatives of the Cardinal Gaspare Bernardo Pianetti, Bishop of Viterbo, who order the reconstruction of the church, on the structure of that pre-existing, resemblance of the  16th century Santa Maria delle Fortezze (today in great measure destroyed), however without achieving significant results on the architectural floor.. The majority of the financing came from the Clarisse convent, committed to enlarge and to update the old complex from 1632.  The current building, also from artistic modest interests, covers, however, a large value for the people of Viterbo because of the ties to the figure of the patron of the city, fear not only in Tuscia, but in most other parts of the world.  The dome that surrounds the church (this architecture project of Arnaldo Foschini was achieved in 1917) was difficult to blend with the demand of the high-spirited Renaissance façade, solemn, strict, uniform and divided by flat pilasters with iconic capitals on which rests a large tympanum. Originally in its place stood the church and the monastery (dedicated to Santa Maria) of the Povere Sorelle of San Damiano of Assisi, of which there are records from 1235. Around the middle of the fourteenth century the complex was starting to be called S. Rosa. In 1258 Pope Alexander IV made them “transport” the body of “Santa Rosa” to the church of Poggio, which had been buried in the earth near the church for seven years. History and popular belief merge to inform us of a miraculous episode that would generate the cult of the saint and the “Macchina di Santa Rosa” which today is a spectacular religious event (September 3rd every year). According to tradition Rosa died March 6th, 1251 and was buried, as previously mentioned, nearby the church of Santa Maria of Poggio, near her modest home. Had you been alive you would have asked many times to enter the convent of nuns of San Damiano, receiving always a severe denial from the abbess. The eternal conflict between the Catholics and the heretics, which defined a good part of the Middle Ages, Rosa was considered to many as a rebel emperor and an enemy of the church and therefore she needed to be cautious. “ I know that this is not the cause” the young girl used to say, “And because they despise in me what God praises? This is the stupidity in the world and wisdom in the eyes of God is that which you despise and be glad that you live as if you were dead, and in fact you have”. A few years after her death she reoccurred appearing in the dreams of Pope Alexander IV, who at this time was residing in the city, warning him that he should transfer her body to the nuns of Santa Maria at San Damiano. The pointiff followed the premonitory dream and ordered the transfer, according to the tradition, and the transfer came with a procession of four faithful cardinals on September 4th, 1258. The transport of the “Macchina di Santa Rosa”, on September 3rd, remember, is in fact for this historical event. The church, which was reconstructed after the fire of 1357, was repainted on the interior during the fifteenth century, after the building of an extension by Benozzo Gozzoli with scenes of the life of the saint. The valuable works were destroyed due to the additional repair work during the first half of the 17th Century. There are nine remaining copies (watercolor paintings) of mediocre technique, of the Orvieto painter Francesco Sabatini (1632) which are in the custody of the Museo Civico of Viterbo. These episodes of Gozzoli, which we will never see, represented: the resurrection of the dead relative, the apparition of the Crucified, and the preachings of Rosa; the exile from the Vicar of Frederick II; the announcement of the death of Frederick II by the angel and the preachings that Rosa gave the people of Soriano; the miracle of the blind; the evidence of the fire; and the refusal by the Convent and the death of Rosa; the appearance of the pope and the retrieval of the corpse. Two paintings signed by Gozzoli (probably non transferred in the fresco) are conserved in the British Museum in London and the Cabinet of Prints in Dresden.



A SPASSO NELLA STORIA, CHIESA DI SANTA MARIA DELLA QUERCIA, VITERBO

CHIESA DI SANTA MARIA DELLA QUERCIA










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Viterbo Città d'Arte - Chiesa di Santa Maria della Quercia
INTERNO
L’arioso interno, rimaneggiato nei rifacimenti eseguiti tra il 1861 e il 1880, è articolato in tre navate divise da ampie arcate sostenute da due file di colonne, essenzialmente frutto dei progetti di Giuliano da Sangallo ispiratosi al S. Spirito brunelleschiano a Firenze. I pennacchi degli archi furono decorati da Cesare Nebbia nel 1601 con le immagini dei Dodici Apostoli. La navata centrale suddivisa in due ordini da un poderoso cornicione sostenuto da mensole, è coperta da un  soffitto a 33 lacunari opera di Antonio da Sangallo il Giovane che lo realizzò tra il 1519 e il 1521; nel 1535 per volontà di papa Paolo III Farnese venne ricoperto con foglia d’oro (era l’oro proveniente dal nuovo mondo donatogli dall’imperatore di Spagna Carlo V). Il soffitto conserva l’immagine della Madonna della Quercia, lo stemma di Paolo III e il leone simbolo di Viterbo. Le navate laterali sono coperte da volte a vela sostenute da costoloni.
Il pavimento originario dei lavori del Cinquecento fu realizzato dai maestri viterbesi Danese e Bernardino.
Le pitture sul presbiterio e nella cupola sono state eseguite nel corso dei restauri del 1867 dai maestri Gavardini e Prosperi.
Nella navata destra, sopra la bussola è posta una tela seicentesca con San Pietro Martire opera del maestro viterbese Anton Angelo Bonifazi.
Sul primo altare (appartenuto alla famiglia Bussi) si trova la pala con l’immagine seicentesca di Raimondo de Peňafort, domenicano e protettore in Spagna degli avvocati e dell’Ordine per la redenzione degli schiavi. (1)
La terracotta sopra il battistero è opera di Dino Massi (1970); più in alto è collocata una tavola del XVII sec. (attribuita al viterbese Filippo Caparozzi) con la Madonna e il Bambino.
Il secondo altare s’adorna di una tela seicentesca con le Nozze mistiche di Santa Caterina, opera di Giovanni Ventura Borghesi (1698).
Il Noli me tangere sopra il confessionale è del grande maestro domenicano fra’ Bartolomeo Della Porta (1512).
Sul terzo altare è posto un San Vincenzo Ferreri del viterbese Giovanni Maria Mari  (1724).
Segue una tela di anonimo con la raffigurazione della Madonna e i sette santi fondatori dei Servi di Maria (XVIII secolo).
Conclude la navata destra l’organo del ‘600, dono del card. Peretti da Montalto (ordinata a Domenico di Lorenzo da Lucca), nel 1848 è stato ricostruito dal celebre organaro Angelo Morettini e restaurato nel 1970 dai f.lli Rifatti di Padova, nel 1999 fu restaurato dalla ditta Marco Valentini (2).
A fianco all’organo è posto il drappo di nave turca risalente alla battaglia di Civitavecchia (1695), dono del viterbese A. Domenico Bussi, cavaliere di Malta.
Sopra il confessionale si intravede una lapide che ricorda la visita di Pio IX.
Nel transetto di destra, una grande bacheca di vetro custodisce un pennone turco della battaglia di Lepanto donato da San Pio V nell’ottobre del 1571.
In alto, sopra un’altra lapide marmorea in omaggio a Gregorio XIII, si scorge una bella tavola quattrocentesca di scuola senese con la Mater Divinae Gratiae.
La tela sull’altare, alla destra del Maggiore, è una copia del San Michele Arcangelo di Guido Reni eseguita da Franco Picchioni.
Dalla navata destra si accede alla sacrestia (arredata con armadi in noce del XVII sec.), decorata con pitture settecentesche, e al chiostro articolato su un  doppio ordine in forme gotico-rinascimentali alla fine del XV secolo, tra il 1479 e il 1481, da Maestro Danese da Viterbo. Le lunette del portico affrescate nel XVII sec. illustrano alcuni miracoli della Madonna della Quercia.
Un altro chiostro, detto Grande  o della Fontana (rivolgersi al custode, ingresso da via del Popolo), realizzato tra il 1550 e il 1633, è decorato con alcune lunette affrescate sempre nel XVII sec. con miracoli della Madonna della Quercia.
L’opera di maggiore prestigio è sicuramente il tempietto marmoreo nel presbiterio eseguito da Andrea Bregno nel 1490 (3); esso custodisce la quercia e la miracolosa immagine della Madonna col Bambino, dipinta su tegola nel 1417 da Mastro Martello detto il Monetto. La complessa macchina è suddivisa longitudinalmente da quattro lesene ornate da candelabre all’antica e orizzontalmente da cornici che definiscono tre diversi ordini: in basso compare una  Natività, al centro, e due angeli adoranti nei riquadri laterali; nel centrale, dominato dalla nicchia centinata con angeli che racchiude l’immagine dell Vergine, sono realizzate le figure a rilievo entro nicchie dei santi Giovanni Battista, Lorenzo, Pietro e Paolo; l’ultimo è formato da una lunetta affiancata da torciere che sormonta un timpano, dovo sono rappresentati rispettivamente l’Eterno Benedicente e la colomba dello Spirito Santo. Le facce laterali del tempio furono dipinte intorno alla metà del Cinquecento dal maestro fiorentino Michele Tosini allievo del Ghirlandaio (da cui il suo soprannome) con le figure di San Tommaso d’Aquino e San Vincenzo Ferreri, a sinistra, San Domenico e San Pietro Martire, a destra. Sotto di esse si aprono le porticine, realizzate dall’artista viterbese Roberto Joppolo,  che danno accesso alla quercia con la tegola miracolosa. Nella parete retrostante, tra Santa Caterina da Siena e S. Antonino, è riportato uno dei miracoli della Madonna: il Cavaliere reso invisibile per scampare agli assalitori che lo volevano morto.
Alla base della parete sono collocati spezzoni di bombe lanciate sulla zona il 20 gennaio del 1944.
Nella volta del Coro, retrostante il tempietto, è riportato un tondo con la Madonna della Quercia tra San Domenico e San Lorenzo eseguito agli inizi del Cinquecento da maestro Monaldo Trofi, detto il Truffetta, praticamente rifatto nell’Ottocento.
Gli stalli in noce, degli inizi del XVI sec., sono opera degli artisti fiorentini Francesco di Domenico di Zanobio del Tasso e Giuliano di Giovanni detto il Pollastra; il grande leggio, di scuola viterbese (lavorato da Miliziano), risale al 1574.
Il pregevole altare (4), adorno di stucchi e statue del tardo Cinquecento (opera di Pompeo Alberti), presenta una pala con l’Incoronazione della Vergine e santi di fra’ Bartolomeo della Porta e fra’ Paolino da Pistoia (1514-1534).
Il giro della chiesa riprende dall’altare di sinistra dove è collocato un crocifisso ligneo del XVII secolo.
Nel transetto, sopra la tela raffigurante San Pietro martire (attribuito a Pompeo Bartoni), si pongono all’attenzione le vetrate istoriate con alcuni santi che hanno visitato il Santuario.
Sotto la vetrata una lapide ricorda il card. Giovan Francesco da Gambara, vescovo di Viterbo fino al 1576.
Nella cappella del Sacro Cuore c’è la curiosità di un presepio permanente con manichini di artisti lucchesi e fiorentini del XVI-XVII secolo. (5)
La tela alla destra dell’altare, proveniente dalle collezioni comunali, raffigura Pietro salvato dalle acque, quella alla sinistra, opera di Giacinto Brandi, (XVIII sec., presenta l’immagine dell’Ascensione. Sulla sinistra si conserva una seconda tela attribuita a Giovan Francesco Romanelli in cui è raffigurato il Padre Eterno.
Proseguendo nella navata sinistra si possono vedere una tela con la Pentecoste (Francesco Castelli, 1589); una lapide (sopra il confessionale) a ricordo della cappella della Madonna della Pietà con un a tela del maestro viterbese Domenico Costa (1828) con San Domenico.
Nella cappella in cui sono collocate una tela con la Madonna della Quercia e santi (attribuita a Paolino da Pistoia, XVI sec.) ed una della scuola di Sebastiano del Piombo (XVI sec.) con il Battesimo di Gesù Cristo, si apre il piccolo Antiquarium degli ex voto (6) (per la chiave rivolgersi al parroco) dove sono custodite duecentosei tavolette, dipinte tra il XV a il XVIII sec., con scene dei miracoli della Madonna della Quercia, queste costituiscono una delle più importanti raccolte di questa peculiare forma d’arte. Il museo, realizzato in una sala nota anticamente come Chiostro delle donne e successivamente utilizzata come ripostiglio, è stato voluto da mon. Sante Bagnaia e inaugurato nel 1978. Nelle vetrine si conservano paramenti sacri (piviali, pianete) di notevole valore, come il completo indossato da Gregorio XIII nel 1581; vasi sacri, calici; pissidi; ostensori; alcuni ex voto in argento; un busto quattrocentesco del Redentore di Matteo Cividale; tredici statue in bronzo eseguite da fonditori romani nel XVII sec. raffiguranti Cristo e i dodici Apostoli; corali del Cinquecento con delicate miniature. Sono andate distrutte le statue di cera, realizzate a partire dalla fine del 1468 fino al 1609, periodo in cui operò la Bottega della cera, sorta nei pressi della chiesa, dove erano fabbricati e venduti ai pellegrini gli ex-voto richiesti. In ricordo di tali opere si conservano oggi gli acquerelli del Panicale.
Alle pareti sono sistemati due affreschi riportati su tela: quello raffigurante la Madonna col Bambino è attribuito a Carolino da Viterbo (XV sec.).
Sull’altare in fondo alla navata si propone un’Adorazione dei Magi di Francesco Castelli (1598).
La Decollazione del Battista, sulla controfacciata accanto alla bussola di sinistra, è di Pietro Vanni (1878).
Ai lati dell’ingresso centrale sono poste due tele di scuola viterbese del XVII-XVIII sec.  Raffiguranti una  Madonna Addolorata e la Madonna del Carmine; tutta la parte centrale della controfaccita è occupata dal grande affresco di Angelo Pucciatti (1636) raffigurante Il miracolo del prete di Canepina (malgrado che i nemici gli avessero aperto il petto, riuscì con il cuore e le viscere sulle mani a raggiungere, dopo tre miglia, l’altare della Madonna della Quercia per celebrare la Messa).
Le due pile dell’acqua santa posti in corrispondenza degli ingressi sono di Camillo da Cortona (1555).
Le formelle della Via Crucis sono dell’artista viterbese Alberto Turchetti (1965).

LA STORIA
La costruzione venne realizzate nelle sue strutture essenziali  tra la fine del XV secolo e il primo trentennio del Cinquecento,  al posto di una primitiva chiesetta campestre, poco più di una capanna di legno. L’erezione avvenne come atto di devozione dei Viterbesi all’immagine della Madonna col Bambino che nel 1417 tale Battista Juzzante fece dipingere su una tegola (un embrice romano) da Mastro Martello, detto il Monetto.
Il devoto committente la incastonò tra i rami di una quercia a protezione del suo podere in contrada Mandriale (o Grazano) e ben presto il verde tabernacolo divenne un sicuro punto di riferimento per i viandanti diretti a Bagnaia e ai boschi del Cimino. Le cronache popolari, tramandate dallo storico viterbese Niccolò della Tuccia, testimone oculare della nascita della nuova devozione, elencano una serie di prodigi miracolosi legati alla sacra immagine, non ultimo quello di aver debellato la pestilenza che infestò le campagne viterbesi nell’estate del 1467 e un terremoto che colpì la città di Siena. Si narra che il 28 agosto di quell’anno una moltitudine di fedeli raggiunse in pellegrinaggio la quercia con la tegola per raccomandarsi alla Vergine. La peste “scacciata da una forza irresistibile fu improvvisamente domata”. Il 20 settembre, a pochi giorni dall’evento miracoloso, i Priori viterbesi accompagnati dalle varie corporazioni e da una folla di ogni ceto sociale, si recarono sul posto per il solenne ringraziamento nel corso di una Messa celebrata su un rustico altare all’ombra della quercia dal card. Pietro Gennari. Fu il sigillo di un “patto d’amore” tra i viterbesi e la Madonna che non si sarebbe più sciolto e che favorì la costruzione nel 1468 della chiesetta “con umile campanile, campana, cimitero, dormitorio, refettorio, orto e magazzini” – affidata ai Gesuati di San Giovanni Colombini di Siena – e, successivamente, del complesso monumentale che oggi ammiriamo, consegnato, con la bolla pontificia di Paolo II, ai Domenicani.
La chiesa venne consacrata dal card. Giovan Francesco De Gambara, vescovo di Viterbo, l’8 aprile del 1578.

ESTERNO
L’elegante facciata di peperino a bugnato smussato, che si conclude in un timpano con due leoni ai lati di una quercia, è aperta da un oculo centrale (tra due piccoli laterali) e da tra portali, i cui stipiti sono decorati da candelabre all’antica, le lunette accolgono preziose terracotte invetriate di Andrea della Robbia (1503): a sinistra S. Pietro Martire e due angeli adoranti; al centro la Madonna col Bambino e i santi Domenico e Lorenzo; a destra S. Tommaso d’Aquino tra due angeli adoranti.
Sopra la lunetta centrale è collocato lo stemma di Giulio II sotto il cui pontificato venne eretta la costruzione.
La porta di mezzo, di quercia massiccia, venne rifatta nel 1620 ad opera di Giovanni di Bernardino da Viterbo e Domenico da Fiorenzuola (1506): notevole, in alto, la scena dell’Annunciazione.
L’ampia scalinata è coronata da due colonne e due pilastri apprestati per la collocazione di scenografie mobili per le sacre rappresentazioni secondo la moda rinascimentale.
L’imponente mole del campanile, a tre ordini, innalzato qualche anno più tardi da Ambrogio da Milano e terminato nel 1505, offre all’immagine-facciata una solenne imponenza; alla sua base sono incise bolle e brevi di alcuni pontefici (tra cui Clemente VIII e Paolo V) che hanno concesso privilegi e indulgenze al Santuario. La campana maggiore (Maria) venne rifusa nel 1578; quella minore (Agata) nel 1655. In alto, a destra della facciata, c’è la curiosità di un balconcino, la Loggia delle benedizioni, protetto da una ringhiera in ferro battuto (con colonnine a spirali, archetti acuti intramezzati da rosoni quadrobati), opera del fabbro viterbese mastro Vincenzo che la collocò nel novembre 1483.
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THE CHURCH OF ST MARIA DELLA QUERCIA
THE HISTORY
The structure was built between the end of the XV century and 1530 on the site of a country church. Its erection was an act of devotion by the people of Viterbo to the image of the Madonna with Child. It was commissioned by Battista Juzzante to Mastro Martello, known as il Monetto,, who painted it on a tile.
The devoted consignor set the image among the branches of an oak tree to protect his estate and very soon the green shrine became a reference point for passers-by on their way to Bagnaia and the Cimini woods. Popular chronicles tell of a series of prodigious miracles connected to the sacred image, such as the vanquishing of the plague which infested the Viterbian countries in 1467. On August 28th of that year, the devotees made a pilgrimage to the oak tree with the tile to pray to the Virgin. The plague was suddenly tamed. On the 20th of September the Priors of Viterbo, accompanied by the various guilds, went to the place for the solemn giving of thanks. This led to the building of the church and the graveyard in 1468 with a dormitory, refectory, vegetable garden and storerooms. It was entrusted to the Jesuits of Siena and subsequently the complex which we can see today was given to the Dominicans by the Pope Paul II. The church was consecrated by Cardinal Giovan Francesco De Gambara, the Bishop of Viterbo, on the 8th of April 1578.


THE EXTERIOR
The façade in peperino stone and smooth rustication, which ends in a tympanum with two lions at the side of an oak tree, has a central oculus between two side ones and three portals, whose jamb are decorated with candelabra The lunettes hold precious glazed terracottas by A. della Robbia (1503). On the left we can see St Peter Martyr and two Angels. In the middle the Madonna and Child and the Saints Dominic and Lawrence; and St Thomas of Aquino on the right. The crest of Giulio II is above the central lunette, under whose pontificate the church was erected. The middle door is in solid oak. It was restored in 1620 by Giovanni di Bernardino da Viterbo and Domenico da Fiorenzuola (1506). The large flight of steps has two columns and two pillars at the top for the placing of movable sceneries for the performances of religious plays, as was the trend during the Renaissance.
The bell-tower with its three orders was built by Ambrogio from Milano and finished in 1505. Some bulls and briefs of popes who conceded privileges and favours to the Sanctuary are engraved at the base of the bell-tower. To the right of the façade at a certain height there is a balcony, the Loggia delle Benedizioni, protected with a wrought iron railing. This work was by Maestro Vincenzo of Viterbo, who created it in 1483.

THE INTERIOR
The interior has one nave and two side aisles divided up by arches held up by two rows of columns, mostly the creation of Giuliano from Sangallo. The pendentives of the arches were decorated by Cesare Nebbia in 1601 with the images of theTwelve Apostles (1). The main nave, divided into two orders by a cornice held up by brackets, is covered by a ceiling of lacunars by Antonio from Sangallo the Younger (1519-1521). In 1535 Paul III had it covered with the gold arrived from the new world and donated by the Emperor Charles V of Spain. The ceiling portrays the image of the Madonna della Quercia, the crest of Paul III and the lion which is the symbol of Viterbo. The side aisles are covered with trusses. The paintings in the presbytery and the dome were carried out by the Maestros Gavardini and Prosperi (1867). In the right-hand aisle above the inner door hangs a XVII century canvas of St Peter Martyr by Anton Angelo Bonifazi.
On the first altar we can find an altar-piece with a XVII century image of the Dominican Raimondo de Peňafort (2).
The terracotta on the baptistery is by D. Massi (1970) and above this there is a tablet (3) of the XVII century, attributed to F. Caparozzi, portraying the Madonna and Child. The second altar (4) is decorated by a canvas of the Mystical wedding of St Catherine, by G. Ventura Borghesi (1698). The Noli me tangere which hangs above the confessional (5) is by Maestro Brother Bartolomeo Della Porta (1512). On the third altar (6) we can see St Vincenzo Ferreri by the Viterbian G. M. Mari (1724).
Further down there is an anonymous painting portraying The Seven Founder Brothers of the Servants of Maria (XVIII c.). The XVII century organ, whose choir was donated by Cardinal Peretti from Montalto, can be found at the end of the right-hand aisle (7). Under the organ a plaque commemorates the title of basilica given by Pius IX on the fourth centenary of the first miracles of the Madonna della Quercia. Next to the organ hangs a piece of fabric from a Turkish ship which dates back to the Battle of Civitavecchia (1695), donated by A. D. Bussi, a Knight of Malta. Above a beautiful XVII c. tablet of the Sienese school portraying the Mater Divinae Gratiae. The canvas over the altar to the right of the high altar (8) is a copy of G. Reni's St Michael Archangel by Franco Picchioni. The entrance to the sacristy can be found in the right-hand aisle. It is furnished with XVII c. wardrobes in walnut and is decorated with XVII c. paintings and leads to the cloister.
The most important work of art is the marble tempietto in the presbytery (9) by Andrea Bregno in 1490. It holds the oak tree and the miraculous image of theMadonna and Child painted on a tile in 1417 by Maestro Martello (10). This structure is divided lengthways by four pilasters decorated with candelabra and, horizontally, by cornices which define three different orders. A nativity scene can be seen in the lowest one with two Worshipping Angels in the side panels. In the central one, the image of the Virgin, and the figures of the Saints John the Baptist, Lawrence, Peter and Paul. In the last one we can see a lunette with two torch holders above a tympanum where the Benedictory Eternal and the Dove of the Holy Spirit are represented. The sides of the temple were painted around the second half of the XVI c. by Maestro M. Tosini, who was a student of the Ghirlandaio, with the figures of St. Thomas of Aquino and St Vincenzo Ferreri, on the left, St Dominic and St. Peter Martyr, on the right.
The doors, which open up beneath these, were created by R. Joppolo (XX c.) and lead to the oak tree with the miraculous tile. On the wall behind, between St Catherine of Siena St Antonino, one of the Madonna's miracles is portrayed; the Knight made invisible to escape from assailants who wanted him dead. On the lower part of the wall we can see some parts of the bombs which were dropped in the area on the 20th January, 1944. In the Choir vault (11) there is a roundel of the Madonna della Quercia between St Dominic and St Lawrence created at the beginning of the XVI c. by Maestro M. Trofi, also known as the Truffetta, and re-done in the XIX c. The stalls in walnut were made by F. di Domenico di Zanobio del Tasso and G. di Giovanni, also known as the Pollastra at the beginning of the XVI c. The lectern dates back to 1574. The altar (12), decorated with stuccos and statues from the late 1500s (by Pompeo and Michele Alberti), is covered with an altar-piece depicting theCoronation of the Virgin and saints from pictures by Brother Bartolomeo della Porta with paintings by Brother Paolino da Pistoia (1514-1534) and M. Albertinelli.
A wooden cross of the XIV c. hangs above the left-hand altar (13). The windows in the transept, above the canvas portraying St Peter Martyr (attributed to Pompeo Bartoni), are decorated. Under the window hangs a plaque commemorating Cardinal G. F. da Gambara. A crib can be seen in the Sacred Heart Chapel all year round with small figures by artists of the XVII c. from Lucca and Florence (14). The canvas on the right of the altar portrays Peter saved from the waters by Giacinto BrandiThe painting on the left-hand side depicts the Ascension by Romanelli. On the lunette the Eternal Father is portrayed. Further along the left-hand aisle we can see (15) a canvas of the Pentecost (F. da Castello, 1589), a plaque remembering the chapel of the Madonna della Pietà (16) and a canvas (17) by the Maestro D. Costa (1828) portraying St Dominic. There is another chapel (18) with a canvas portraying the Madonna della Quercia and saints (attributed to Paolino da Pistoia of the XVI century and one from the school of S. del Piombo (XVI c.) of the Baptism of Jesus Christ. In this chapel (19) there is a small Antiquarium of the ex voto (19) containing tablets painted between the XV and the XVIII c. with scenes of the miracles of the Madonna della Quercia. The museum is situated in a room which was known in ancient times as Women’s Cloister and was opened in 1978. Here we can see vestments, vases, goblets, pyxes, silver ex-voto and bronze statues. Two frescoes on canvas hang on the walls with the one portraying the Madonna with Childattributed to Carolino da Viterbo (XV c.). On the altar at the end of the nave (20) we can see an Adoration by F. da Castello (1598). Back to the main nave, the Decollation of the Baptist, on the contra-façade next to the left-hand inner door, is by P. Vanni (1878). On each side of the main entrance there are two canvases by the Viterbian school of the XVII-XVIII c. portraying Our Lady of Sorrows the Madonna del Carmine. All of the central part of the contra-façade (21) is taken up by the large fresco by A. Pucciatti (1636) showing The miracle of the Priest from Canepina . The two stoups for the holy water next to the entrances are by Camillo da Carrara (1555). The panels of the Via Crucis are by the artist A. Turchetti (1965).


ESSENTIAL BIBLIOGRAPHY
Signorelli Mario, Santuario Madonna della Quercia, Viterbo: storia, arte e culto nei secoli, a cura della Cassa di Risparmio della provincia di Viterbo in occasione del V centenario della Manifestazione miracolosa, Viterbo 1967.

Gianfranco Ciprini, Francesco Ciprini, La Madonna della Quercia. Una meravigliosa storia di fede, vol. I,II. Viterbo, 2005.